Autoritratto nello studio (nottetempo) by Giorgio Agamben

Autoritratto nello studio (nottetempo) by Giorgio Agamben

autore:Giorgio Agamben [Agamben, Giorgio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Nottetempo
pubblicato: 2020-04-25T22:00:00+00:00


Benjamin è presente in tutti gli studi in cui ho lavorato, con una lettera manoscritta sulla cassettiera di vicolo del Giglio, proprio accanto alla poesia di Caproni, con una fotografia a Ibiza datami da Jean Selz e col manoscritto di un sogno nello studio di Venezia. Anche se non avrei mai potuto incontrarlo, egli fra i miei maestri è quello nel quale mi pare di essermi imbattuto fisicamente piú spesso. Quando si entra in intimità anche materiale – cioè filologica – con l’opera di un autore, quando la lettura dei suoi libri ci fa tremare i polsi, allora si producono dei fenomeni che sembrano magici, ma sono invece soltanto il frutto di quell’intimità. Succede cosí che ad apertura di pagina si trovi il passo che si cercava, che una domanda assillante trovi subito là la sua risposta o la sua giusta formulazione – o, come mi è avvenuto con Benjamin, che si finisca con l’imbattersi fisicamente in cose e persone che egli ha visto e toccato.

Ricordo l’emozione con cui nel gennaio del 1977 scoprii sull’elenco telefonico che Herbert Blumenthal Belmore, che aveva frequentato intensamente Benjamin negli anni della Jugendbewegung, abitava a poco piú di cento metri dal mio studio di vicolo del Giglio. Fu nel suo appartamento di via Sora, dove andai subito a trovarlo, che avvenne il mio primo incontro materiale con Benjamin: e avvenne, inaspettatamente, attraverso la veemenza dell’odio di Blumenthal per l’amico di un tempo – o, piuttosto, del suo amore respinto che si era trasformato in rancore. Benjamin aveva interrotto bruscamente nel 1917 la loro amicizia, cominciata nel 1910, e a piú di sessant’anni di distanza l’astio di Blumenthal era ancora cosí implacabile, che egli giunse velenosamente a dirmi che Benjamin aveva fatto la fine che si meritava. E, tuttavia, l’amore di cui quell’odio si nutriva doveva essere altrettanto ardente, se egli aveva conservato con cura non soltanto le lettere dell’amico, ma anche alcuni manoscritti inediti e, cosa che mi commosse in modo speciale, un quadernetto blu sul quale Carla Seligson aveva copiato in una chiara calligrafia corsiva le poesie di Fritz Heinle che erano andate perdute nel 1933 durante la precipitosa fuga di Benjamin da Berlino a Parigi.

“Fritz era poeta e fra tutti il solo che io ho incontrato non nella ‘vita’, ma nella sua poesia. È morto a diciannove anni e non lo si poteva incontrare altrimenti…” Nella “vita”, Benjamin aveva incontrato Heinle a Friburgo nel 1913 e la loro amicizia, subito intensa (“diventammo amici in una notte”) si era rafforzata a Berlino, durante la comune militanza nel movimento della gioventú. Allo scoppio della guerra, Heinle si suicidò con la sua fidanzata Rika Seligson e Benjamin cercò per tutta la vita di ritrovare e pubblicare i manoscritti delle sue poesie. Si comprende l’emozione con cui presi in mano il piccolo quaderno per fotocopiarlo prima di restituirlo a Blumenthal. Certo le poesie erano quasi incomprensibili e non poteva essere altrimenti, dal momento che la lingua in cui erano scritte non era propriamente una lingua, ma, come la gioventú secondo Benjamin, solo “un lamento per la grandezza mancata”.



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